Il settore italiano delle macchine e delle attrezzature per la ceramica rappresentato da Acimac chiude il 2025 con un fatturato totale di 1.732 milioni di euro. Un risultato in calo del -5,1% rispetto ai 1.825 milioni di fatturato registrato nel 2024, anno in cui la produzione aveva registrato una flessione importante pari al -24%, assestandosi sullo stesso livello raggiunto nel 2019. A dirlo il Centro Studi Mecs-Acimac, che ha pubblicato i dati preconsuntivi relativi al 2025.
La contrazione interessa sia l’export sia il mercato domestico. Il mercato interno ha cubato 518 milioni di euro, con un -3,1% rispetto all’anno scorso. La corsa delle esportazioni si è fermata a 1,214 miliardi di euro, segnando un -5,9% rispetto al 2024.
Questi numeri si collocano all’interno di uno scenario che resta complesso: da un lato un contesto socio-economico internazionale ancora instabile e una pressione competitiva crescente da parte dei produttori esteri, in particolare dell’area asiatica, dall’altro la fisiologica fase di assestamento successiva ai forti investimenti compiuti negli ultimi anni dai principali gruppi ceramici. Nonostante ciò, la flessione risulta più contenuta rispetto alle prime stime, a conferma della resilienza delle imprese e della presenza di fattori che possono sostenere un percorso di recupero nel medio periodo.
«Se i dati preconsuntivi si confermeranno — commenta il Presidente di Acimac Paolo Lamberti — l’andamento del 2025 è stato migliore di quanto ci aspettassimo all’inizio dell’anno. Operiamo in uno scenario complesso: la competizione internazionale, in particolare quella cinese, si è fatta più aggressiva e impone attenzione costante alle nostre strategie commerciali e produttive. Tuttavia, vediamo con favore segnali concreti che possono trainare la domanda: la prospettiva di una ripresa dell’edilizia nel medio termine e l’esigenza, in vari Paesi, di sostituire impianti obsoleti. Quest’ultima rappresenta per le imprese italiane un’opportunità significativa per offrire soluzioni ad alto contenuto tecnologico e valore aggiunto. Infine, ci uniamo al richiamo di Confindustria: è importante che l’Unione Europea valorizzi il proprio sistema industriale e il Made in Europe, creando condizioni di competizione più eque rispetto ai competitor internazionali».